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Volontari alla sicurezza e ronde
2. Monza che cambia
Umberto De Pace


Dalle ronde ai volontari per la sicurezza.
E' di questi giorni la firma del protocollo d'intesa tra il Comune e l'associazione onlus Monza Soccorso – nata con funzioni di protezione civile – con il fine di supporto ad un'attività di aiuto e vigilanza del territorio.
E' già un passo avanti, rispetto alle ronde, per le quali inevitabile è il richiamo a tristi memorie e istinti atavici, se non a beceri campanilismi o schieramenti partitici, che francamente è un bene per tutti evitare.
Ciò non toglie però che il tema del controllo del territorio, ai fini della sicurezza, si trascina dietro alcuni equivoci e fraintendimenti, che sarebbe bene chiarire una volta per tutte.
All'interno di una comunità di persone, la reale o percepita insicurezza, presuppone da un lato presenza di degrado, disagio, microcriminalità, paura e quant'altro, dall'altro l'incapacità – da parte delle forze deputate al suo controllo – a farvi fronte.
Questo è il primo dato, in verità mai nascosto da alcuno, ma certamente non posto in evidenza come meriterebbe. Mancanza di uomini e mezzi, scarso coordinamento tra loro, queste le principali e costanti carenze espresse dagli stessi responsabili delle forze dell'ordine a cui pare vengano date ogni volta risposte parziali e insufficiente visto il loro costante ripetersi nel tempo.
Eppure, visto con gli occhi di un comune cittadino, la cosa non dovrebbe essere così complicata.
Se l'insicurezza è percepita o vissuta dai cittadini, è dai luoghi in cui essi vivono che bisognerebbe partire: dai rioni, dai quartieri, dalle circoscrizioni.
E chi potrebbe avere un rapporto diretto, quotidiano, con i cittadini, se non il vigile urbano o poliziotto locale come dir si voglia? E chi meglio dei vigili di quartiere, potrebbe far da filtro tra la realtà locale e le forze dell'ordine – polizia, carabinieri, finanza – quando necessita?
E perché su questo tema, se ne parla da anni e anni e mai nessuno è riuscito a concretizzarlo, se non per brevi periodi o quale effetto “placebo” – per brevi periodi o a spot – nei confronti della popolazione?
Come mai buona parte della polizia locale è chiusa in ufficio a svolgere lavoro amministrativo e non per le strade? Come mai gli sforzi della polizia locale sono concentrati nel compito di far “cassa” attraverso le multe e non verso un controllo del territorio? Come mai le forze dell'ordine sono perennemente sotto organico e con mezzi obsoleti e insufficienti?
In attesa di risposte alle suddette domande, che periodicamente riemergono tra le righe all'attenzione dell'opinione pubblica, prendiamo atto che la scelta ancora una volta cade sulle spalle della comunità e dei suoi volontari, i quali surrogano a un compito che la stessa comunità non è in grado di svolgere attraverso le sue forze deputate.
Perché noi cittadini abbiamo il nostro di lavoro: operai, artigiani, industriali, professionisti, insegnanti e tante altre cose ancora. Molti di noi, inoltre, dedicano il loro tempo libero al volontariato. E se ognuno di noi non svolge appieno il suo dovere, ma è costretto a fare quello degli altri, vuol dire che si è inceppato qualcosa nella nostra comunità. E quel meccanismo che si è inceppato, non va sostituito con un surrogato, ma va aggiustato, rinnovato, risanato, cambiato se occorre.
E non si usi la retorica e la demagogia, per supportare la scelta dei volontari alla sicurezza o delle ronde, adducendo un'assunzione di responsabilità diretta da parte dei cittadini. Non siamo ipocriti. L'assunzione di responsabilità non passa tramite i volontari o le ronde, ma tramite il dovere di ognuno di noi, di partecipare alla vita della propria comunità quotidianamente e direttamente. Ciò implica che di fronte a un sopruso, un atto criminoso, una violenza, un disagio, si sia tutti disponibili al soccorso, alla denunzia, all'aiuto, al supporto, alla solidarietà a seconda dei casi. Sappiamo tutti che non è così per tutti.
Come sappiamo tutti che il problema è la mancanza di una coscienza civile, che ci accomuni, e che a tutt'oggi fa fatica ad emergere. Ed è su questa che dobbiamo lavorare, nelle scuole soprattutto, ma anche nei luoghi di lavoro, nei quartieri, con il fine di rendere la nostra comunità più solidale e quindi di conseguenza più sicura.
Non è invece un puro esercizio di retorica, chiedersi, come mai alle volte vengano insultati di fronte alle scuole cittadine i nonni civici, perché non permettono ad alcuni genitori di parcheggiare di fronte alla scuola stessa. Come non lo è chiedersi, come mai siano stati così numerosi i casi di violenza contro i vigili urbani, magari per banali multe. Come non lo è chiedersi, perché per molti è più facile girar la testa da un'altra parte di fronte a uno qualsiasi dei succitati problemi, piuttosto che farsene carico.
La risposta, a mio modo di vedere, sta da una parte nell'individualismo e nell'egoismo sempre più marcati ed evidenti nei singoli individui e dall'altra nella mancanza di autorevolezza da parte delle figure deputate a svolgere servizi per la comunità intera, conseguenza del distacco che si è creato tra queste e i cittadini.
Che ognuno quindi faccia il proprio dovere, amministratori, forze dell'ordine, cittadini e la si smetta di inventarsi ogni volta nuove formule – non ultima, grottesca, quella dell'uso dell'esercito – utili a nascondere l'incapacità di governo e controllo di una società che sta cambiando; utili a rimandare la soluzione dei problemi, senza mai affrontarli; utili a perpetuare l'emergenza.

Umberto De Pace


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  17 giugno 2008